“All’idea della morte ci si abitua. Ma come farà d’ora in poi con lui che c’è senza esserci? È possibile elaborare il lutto di una persona ancora viva?”
Alzheimer mon amour di Cécile Huguenin (Edizioni Clichy) è stato il primo racconto che ho letto sulla demenza. Fino a quel momento avevo consultato solo testi di teoria, manuali tecnici per addetti ai lavori. Il romanzo però è un’altra cosa! Alzheimer mon amour è una storia personale, sono le parole di una moglie che cerca di affrontare la malattia del marito con coraggio e devozione. Il libro è diviso in tre parti. Nella prima Cécile parla in terza persona quasi a volersi distaccare da quello che le sta succedendo. Racconta i primi segnali, le difficoltà di arrivare a una diagnosi, l’insensibilità di certi medici, la paura, la rabbia, la solitudine, la sua determinazione a “voler comunque creare per loro un posto migliore” (pag. 45).
Nella seconda parte l’autrice passa ad un io narrante che confessa l’indicibile desiderio di commettere un “crimine d’amore” (pag. 63)fino ad arrivare alla consapevolezza di voler “aiutare questo cervello maltrattato a riorganizzare ciò che poteva essere ancora recuperato” (pag. 79).Ci prova con tutte le forze, Cécile, fino a stravolgere la sua vita, abbandonare tutto e scappare in Madagascar per regalare un po’ di pace al suo Daniel. All’inizio le cose vanno bene finché una sera “senza tanti complimenti” (pag. 113)suo marito dice basta. E così se ne tornano a casa, in Francia.
“Il mio bel miraggio dei neuroni dell’amore sta svanendo. Sei stufo da tempo del mio desiderio incessante di fare e disfare, di costruire e di realizzare progetti che pian piano si sono schiantati contro la tua dolce resistenza” (pag. 116). Quindi il ritorno alla realtà. Dopo tante fatiche Cécile arriva ad accettare di sedersi accanto al marito e continuare semplicemente a tenergli la mano. Basta lottare. “Se davvero vuole proteggerlo, gli trovi una sistemazione adeguata” (pag. 120), si sente dire e lei, per la prima volta, ha voglia di ascoltare. Trova un posto. Tutta la terza parte del libro è dedicata a questo: un’analisi obiettiva di come dovrebbe essere un luogo che accoglie le persone con demenza e i suoi familiari e a come quest’ultimi devono anche imparare a lasciarli andare.
Alzheimer mon amour è un racconto doloroso, diretto, brutale ma allo stesso tempo tenero e poetico. Nel leggerlo potreste cadere nella trappola del paragone “si, va bene, facile se sei istruito, se hai i soldi”. La maggior parte delle persone non è come Cécile. Lei è una psicologa, sa usare le parole nel modo giusto! Eppure, ognuno di noi ha la propria storia ed il proprio modo di affrontare le difficoltà, diverse condizioni di partenza ma la strada rimane bene o male la stessa. Abituiamoci dunque a non fare confronti ma a godere di quello che le parole usate bene riescono a darci. Sono certa che riuscirete a trovare dei pezzetti di voi in ogni storia anche la più distante.
A cura di Silvia Marangoni
Contattaci in caso di domande o per maggiori informazioni!