ARTICOLO DI CINZIA SIVIERO

A volte chi si prende cura di una persona con demenza, il caregiver, non riesce a pensare a possibili soluzioni o risposte e l’orizzonte è tutto buio. Tuttavia, una possibilità c’è, sempre, occorre adottare punti di vista differenti. Viene innanzitutto da chiedersi cosa intendiamo per punto di vista differente. Nelle nostre vite siamo spesso immersi in relazioni in cui il nostro punto di vista è differente da quello dell’altro. Niente di più ovvio. Ciascuno di noi osserva la realtà oggettiva con il proprio sguardo (Carl Rogers direbbe “La mappa non è il territorio”), caratterizzato certamente dall’ osservazione dei dati, ma anche dall’interpretazione personale e da quel ‘sentire interiore’ per cui la stessa cosa per due persone può essere vissuta in modi opposti. A tal proposito mi torna sempre in mente come molti anni fa io e una carissima amica fossimo solite sorridere della clamorosa differenza delle sue esclamazioni rispetto alle mie quando nel cielo osservavamo ammassi di nubi grigio scure cariche di pioggia: lei detestava quell’atmosfera cupa mentre io me ne rallegravo rivivendo ogni volta la bellezza di un viaggio in Bretagna che mi era rimasto nel cuore.
Il modo con cui osserviamo e sentiamo l’altro può cambiare quando quello sguardo si sposta, come se questa azione venisse fatta da un un’altra posizione. La validazione emozionale avviene solo quando riusciamo a fare un passo per andare ad abitare l’esperienza altrui per qualche attimo, proprio come se noi fossimo lì, al posto suo. È qui che sperimentiamo il vero atto dell’empatia, una esperienza cioè che ci permette di permearci di quelle che sono le emozioni vissute dall’altro e di sentire dentro di noi, di conseguenza, proprio ciò che l’altro sta vivendo. Questo spostamento di visuale spesso accompagna alcuni altri cambiamenti dentro di noi che modificano il nostro atteggiamento mentale, il nostro modo di vedere le cose in generale. Uno dei cambiamenti più significativi in questo processo (che non accade d’incanto bensì lentamente, gradualmente) credo sia quello che ci permette di concentrarci molto di più su ciò che c’è ancora nella persona piuttosto che su ciò che manca. Ma cosa fare nel concreto per iniziare questo cammino? La comunicazione accogliente ed empatica del metodo Validation® ci insegna alcune strategie che ci allenano ad accogliere invece che risolvere, a modificare il nostro sentire lavorando lentamente sul nostro bisogno di trovare soluzioni a favore dello scoprire e condividere le emozioni. Approfondire per pochi attimi le emozioni che la persona porta quando attraversa i suoi momenti di crisi, la aiuta a sentirsi meglio perché le emozioni dolorose, se riconosciute e validate, diminuiscono di intensità. Per fare questo è fondamentale accettare profondamente la persona che ho di fronte, così come è in quel momento, accettarne il comportamento, anche se difficile e diverso; cosa per nulla semplice per un familiare, va detto.
La ricaduta di tutto ciò sul benessere del nostro caro e di noi stessi come caregiver ci sprona a sostenere la fatica di questo cammino, a volte molto in salita, vero, ma a volte con panorami mozzafiato. Non è raro, infatti, che si possano trovare tesori preziosi nella validazione anche se sembra qualcosa di totalmente impensabile. L’accoglienza emozionale apre strade e percorsi che in genere non percorriamo perché intenti a risolvere i problemi invece che a lasciare che possano essere espressi. È lì che scopriamo invece frasi ricche di spessore, momenti magici e molto altro.
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